CS - 7 MILIONI DI TATUATI IN ITALIA, MA IL 25% SI PENTE

MELANOMA TATUAGGIO7 MILIONI DI TATUATI IN ITALIA, MA IL 25% SI PENTE.

IMI, SOLO IL 27% FIRMA IL CONSENSO INFORMATO DEI RISCHI.

ASSOCIAZIONE TATUATORI, URGONO LINEE GUIDA CHIARE NAZIONALI.

 

Genova, 12 maggio 2021. Il 20% della popolazione europea ha un tatuaggio, significa che oltre 60 milioni di persone si sono sottoposte a questa pratica di body art. Numeri che sono in continua crescita.

“Di questi – dichiara Ignazio Stanganelli, presidente dell’Intergruppo Melanoma Italiano – IMI e direttore della Skin Cancer Unit IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori e professore associato dell’Università di Parma - 7 milioni sono italiani, le donne sono un po’più degli uomini, ma non sappiamo quanti sono quelli che hanno tatuaggi estesi su ampie aree corporee che sono quelli che più facilmente possono nascondere un neo sospetto.”

L’età media del primo tatuaggio, secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, è circa 25 anni anche se il numero maggiore di tatuati rientra nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni (23,9%). Chi si tatua lo fa per ragioni principalmente estetiche (96,5%) contro lo 0,5% che lo ha fatto con finalità mediche e il 3% come trucco permanente. Il 12,8% della popolazione del nostro paese è tatuata, percentuale che sale al 13,2% se si considerano anche gli ex-tatuati.

Una persona su quattro si pente – afferma Giuseppe Scarcella, responsabile nazionale del dipartimento Laser & Hight tech ISPLAD - e si rivolge ai dermatologi per farsi togliere il tattoo.”

 

È quanto emerge dal Webinar Il melanoma nascosto nel tatuaggio, organizzato da IMIIntergruppo melanoma Italiano, che lancia un allarme: il 7,7% di chi si è sottoposta a questa pratica è un minore di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

“Un dato preoccupante – continua Scarcella – visto che i tatuaggi su un minorenne si possono eseguire solo dai 16 anni in poi ed occorre comunque una liberatoria scritta dei genitori. Purtroppo, la normativa è regionale per quanto riguarda le sanzioni, ma in ogni caso sotto i 16 anni è vietato per legge.”

 

Non solo: il consenso informato viene firmato da appena il 26.8% di chi si sottopone a questa pratica, che comunque comporta dei rischi. Il 3,3% dei tatuati ha, infatti, avuto una complicanza più o meno importante, percentuale che sale al 6,6% in caso predominino gli inchiostri rossi o gialli.

“Tra i più comuni – sottolinea Scarcella – ci sono dolore (39,3% dei casi), eczema e prurito (26,7%), allergie ai colori (17,5%) e si possono scatenare anche reazioni granulomatose (27,7%) da corpo estraneo o simil-sarcoidee; reazioni pseudolinfomatose e reazioni pseudoepiteliomatose. In ogni caso, più della metà delle persone che ha avuto una reazione non ha consultato nessuno. Il 20% si è rivolto al tatuatore, il 10% ad un dermatologo e un altro 10% al medico di base.”

Numeri che fanno riflettere sulla dimensione di un fenomeno che proprio per la sua natura invasiva necessita di una regolamentazione specifica ed armonizzata che in Italia ancora non esiste. Attualmente in Italia sono abilitati ad effettuare questa pratica solo coloro che sono in possesso dell’attestato di frequenza di uno specifico corso di formazione regionale e che operino nel rispetto dei requisiti igienico-sanitari previsti dalle linee guida del Ministero della Salute. Secondo l’ultimo censimento dell’Istituto Superiore di Sanità nel dicembre 2017 i saloni autorizzati nel nostro Paese erano 4103, tuttavia secondo l’Associazione Tatuatori ad oggi questa cifra è raddoppiata. Una crescita esponenziale che da decenni attende di essere disciplinata.

 

“E’ da anni che ci battiamo – dichiara Massimiliano Freguja Crez, rappresentante Veneto dell’Associazione Tatuatori.itaffinché la nostra professione venga regolamentata a livello nazionale. Chiediamo linee guida chiare per quanto riguarda la formazione e che il riconoscimento sia nazionale e non regionale, come tuttora. Solo così si può garantire una sicurezza igienico-sanitaria di elevata qualità a tutela tutti e in grado di contrastare l’abusivismo, fenomeno che è sempre esistito e che durante il COVID, con le zone rosse e la chiusura dei centri autorizzati, ha registrato un vero e proprio boom”.

Di qui l’appello ad un progetto di legge che regolamenti tutto il settore e la richiesta di una formazione adeguata per poter esercitare la professione.

“Purtroppo - continua - ne sono stati presentati diversi, ma non riescono a venire alla luce.” Una situazione che espone la categoria e i suoi clienti ad un possibile incremento delle problematiche correlate a questa pratica, senza contare che ben il 13.4% dei soggetti tatuati si è rivolto altrove esponendosi probabilmente a rischi superiori. Una situazione esacerbata dal COVID.

Con la chiusura dei centri autorizzati nelle zone rosse si è registrato un vero e proprio boom di abusivi, con un potenziale aumento dei rischi per chi si sottopone ai tatuaggi.

In questo frangente è fondamentale più che mai anche il ruolo nel campo dell'informazione fornita delle associazioni dei pazienti. “Un adeguato programma divulgativo – conclude Giovanna Niero, presidente dell’Associazione Italiana Malati di Melanoma - favorirebbe la consapevolezza dei rischi e funge da guida per un migliore stile di vita, potenziando la relazione tra clinici ed utenti. Grazie alle Campagne di sensibilizzazione ed educazione, il melanoma è sempre più frequentemente riconosciuto dalla persona che ne è affetta o da un suo familiare nelle fasi iniziali e di conseguenza è necessario aggiornare costantemente tutte le informazioni relative a questo tumore della pelle altamente aggressivo, dalla prevenzione, diagnosi e cura al settore dell’assistenza e del sostegno ai malati."

 

Ufficio Stampa IMI – Intergruppo Melanoma Italiano
Giulia Pigliucci
Tel. 3356157253
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